Il cibo che narra una storia
Il giornalista Paolo Massobrio da trent’anni racconta i cibi che hanno una storia: «Il consumatore più consapevole vuole conoscere da dove viene ciò che mangia. La filiera corta è un antidoto alla contraffazione». “Oltre il buono” — Massobrio ha battezzato così la prossima edizione di Golosaria, a novembre —c’è «il cibo che fa bene. C’è già una nuova generazione di chef che vanno oltre il piatto gourmet, che fanno accostamenti che raccontano le stagioni». Per provare? «Il Fuel di Padova, oppure ad Asiago La Tana o la Stube». Su questa linea lo Iath di Cernobbio ha un corso specifico dedicato al “glocal chef ”, dove la conoscenza delle materie prime e del km zero si coniuga con la capacità di esportare l’italian food nel mondo. «I ragazzi devono saper gestire le scorte e scegliere i fornitori, studiare menù per le diverse diete, dai vegetariani alle varie patologie, fino al- le motivazioni religiose, in maniera assolutamente personalizzata», racconta —, la coordinatrice didattica. È un’altra linea di tendenza, portata all’estremo al ristorante Filippo Pietrasanta, dove il menù non esiste perché viene costruito ogni volta con il cliente.
“Il consumatore vuole conoscere la provenienza del cibo che mangia. Sa che la filiera corta è l’antidoto alla contraffazione”
E poi c’è Davide Oldani, dove si incrociano cucina pop e glocal chef, che da settembre seguirà come mentor i ragazzi del nuovo istituto alberghiero Olmo di Cornaredo, vicino al suo ristorante D’O.
Luca Azzollini è il dirigente del Frisi, di cui la sede di Olmo fa parte: «Abbiamo innovato i programmi ministeriali, il primo nucleo di novità è la riflessione forte sulle materie prime, tipico di Oldani, il secondo è il rapporto fra cibo e sport», spiega. Novità in vista anche all’Università degli Studi di scienze gastronomiche di Pollenzo, nata da Slow Food, che lavora da sempre sulla triade “buono pulito e giusto” di Carlo Petrini e che sta progettando due nuovi corsi di laurea.«Noi abbiamo un approccio olistico, ma la nostra facoltà è mutuata da agraria. Oggi serve unire ecologia e antropologia, materie umanistiche e tecnologia», rivela il rettore Piercarlo Grimaldi. Più netto ancora è Antonio Spera, uno dei fondatori di Avanzi Popolo, la prima piattaforma di foodsharing in Puglia. A Bari e dintorni dal 2015 ad oggi ha raccolto 4.200 kg di cibo e promosso lo scam- bio di 131 ceste alimentari fra privati: «Il cibo è un diritto, non un lusso. Dobbiamo chiederci quanto tutto questo parlare di cibo faccia sì che qualcuno, da qualche parte, possa mangiare una volta in più. I processi devono incidere sulla vita delle persone, altrimenti è solo storytelling».